Custoza e Chablis

Hotel Milano e Casa Perbellini, Verona – 10 gennaio 2017


“Confrontarsi non è confondersi, ma capirsi meglio”, questo l’efficace incipit utilizzato da Luciano Piona, presidente del Consorzio Tutela Vino Custoza, per introdurre la degustazione comparativa di annate storiche di Chablis e Custoza.

Tra i luoghi risorgimentali decisivi per l’unità d’Italia, Custoza deve tuttavia agli austriaci la prima la classificazione del proprio territorio utile anche da un punto di vista viticolo. Era il 1848 e furono individuate tre zone, una caratterizzata da terreni siccitosi, una da terreni con argille bianche causa di accumuli di acqua in superficie, e una zona intermedia.

Raul Salama, degustatore de La Revue du vin de France, chiamato a fornire con la sua esperienza la giusta chiave di lettura per interpretare questa iniziativa, sottolinea fin da subito che non si tratta di una battaglia, ma di una ricerca di affinità. Ad esempio, i vini di entrambe le zone posso essere considerati vini nordici. Certo nel caso dello Chablis le condizioni climatiche sono addirittura estreme, al limite per latitudine della coltivazione della vite.

Entrambe le zone “vedono” l’acqua: Custoza dista pochi chilometri dal lago più grande d’Italia e la zona dei grand cru della Chablis è costeggiata da un piccolo corso d’acqua. Venendo alle differenze, di una certa importanza per l’esito della degustazione, il Custoza è un vino bianco ottenuto da un uvaggio in cui prevalgono garganega, cortese nel biotipo locale noto come Bianca Fernanda e tocai friulano, nella versione localmente nota come Trebbianello.

Lo Chablis invece è un vino bianco monovarietale, base chardonnay. I vini di Custoza generalmente non svolgo la fermentazione malolattica, a differenza degli Chablis, dove l’elevata acidità di partenza la rende necessaria per migliorarne la bevibilità.

Pur trattandosi in entrambi i casi di vini secchi, il Custoza presenta un residuo zuccherino inferiore a 7 gr/l, mentre gli Chablis sono a meno di 2 gr/l. In degustazione Chablis de La Chablisienne, una tra le più grandi cooperative viticole di Francia, e i Custoza di Ronca, Gorgo, Monte del Frà, Villa Medici, Cavalchina e Albino Piona.

Nei bicchieri si è trovato conferma di quanto in premessa. Nel complesso l’impressione è che il Custoza voglia essere sempre più un vino identitario, e per questo l’uso della barrique ha nel corso degli anni ceduto il passo all’acciaio. Inoltre, la lettura più in dettaglio del territorio dello Chablis, articolato in quattro appellation, Chablis generica, Petit Chablis, Premiere Cru e Grand Cru, è qualcosa che a Custoza manca, nonostante nei cassetti giaccia il volume “La zonazione della doc Custoza. Manuale d’uso del territorio”, risultato del progetto di zonazione svolto nella denominazione nel triennio 2005-2007 e pubblicato nel 2011. Attraverso questo strumento si potrebbe avere una gerarchia più valorizzante della denominazione grazie ad una lettura del territorio più fine.

La degustazione ha portato anche in evidenza il diverso atteggiamento verso la complessità dei vini di queste due zone: negli Chablis il peso non fa la complessità, nei Custoza si; riflesso di filosofie enologiche differenti, l’una che opera per sottrazione, l’altra per addizione. Una degustazione in conclusione davvero interessante, per certi versi coraggiosa da parte degli organizzatori, certamente da apprezzare per l’apertura mentale dimostrata dai produttori di Custoza. D'altronde il talento va letto dove è mondialmente riconosciuto, e certamente la Chablis ne è dotata, quindi interpretato con intelligenza in altri contesti, quale potrebbe essere Custoza. Il Consorzio ha colto inoltre l’occasione per presentare il proprio nuovo logo.

Ein Prosit!


 

Alla degustazione ha fatto seguito una cena di gala svoltasi presso Casa Perbellini nel corso della quale è stato possibile gustare in anteprima il piatto studiato dallo chef Giancarlo Perbellini, la Zuppa Custoza, dove vino e broccoletto di Custoza si sono potuti deliziosamente incontrare.

 


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